giovedì 4 marzo 2010

Baby reading


Ieri a lavoro mi è capitata per le mani una rivista di letteratura per ragazzi (Liber85), che in copertina recitava "Oltre la gay barrier - omosessualità e omofobia nell'attuale letteratura per ragazzi". Omosessualità? Nella letteratura per ragazzi? Davvero? Questa mi giunge nuova. Certo, sono passati un po' di anni da quando facevo parte di quella fascia di lettori, ma ricordo che la prima volta che ho incontrato un personaggio gay, sono rimasta piuttosto stupita. Avevo, allora, su per giù undici dodici anni e il testo in questione era un racconto di Clive Barker (gay egli stesso). Così anche per Lucy Scarpetta, nei libri di Patricia Cornwell. C'era qualcosa di emozionante in quelle pagine perché era qualcosa di totalmente nuovo.
Che le cose siano cambiate (come sostiene la rivista in questione), non può che farmi piacere.
Magari così il primo contatto col mondo gay non sarà un compagno di scuola un po' sboccato che ne apostrofa un altro come "gay" (in tutte le varie e offensive declinazioni). Anche perché, si sa, i bambini interiorizzano facilmente le sensazioni e le situazioni del mondo circostante, e l'omofobia non fa eccezione.
Conosco diverse persone che erano non omofobi ma un po' ostili nei confronti del mondo omosessuale, prima di scoprirsi essi stessi gay. Io, nel bene o nel male, ho capito di esserlo molto presto, ben prima di formarmi un'opinione a riguardo, ma alle volte mi chiedo come avrebbe pensato, la mia testa da bambina.
E voi? Cosa pensavate dei gay prima di fare coming out con voi stesse?

4 commenti:

Barbara ha detto...

Io ho sempre avuto tendenze lesbo ma mi sono "cimentata" nelle relazioni con gli uomini. Cimentata è la parola giusta. La vedevo come una specie di cosa che "vediamo se la so fare". Un po' come andare bene a scuola, insomma. Risolvere i problemi di matematica, imparare a far funzionare un nuovo elettrodomestico, vincere partite a carte, etc.... una specie di sfida... Super Mario Straight.

Poi quando ho capito che ero "capace" è sfumato il divertimento e mi sono cominciata a interrogare sulle cose importanti della vita, tipo amare una persona e rispettarla. Lì ho capito che coi maschi non funzionava, e ho deciso di seguire le mie "vecchie" inclinazioni (vecchie perché emerse inizialmente già verso i 15-16 anni). Se mi scopro lesbica, pensavo, non posso dire di non averci provato. Insomma ero tranquilla perché avevo la coscienza a posto.

Dopo la mia prima ragazza ho capito che amare un essere umano è qualcosa che fa la differenza, che cambia la tua vita. Che non controlli, che non è un gioco. Insomma è una cosa importante... può sembrare scontato, ma guarda caso non mi era mai venuto in mente stando con gli uomini.

Nel periodo in cui mi ritenevo etero, dei gay ho pensato:
1. che non si mettessero in gioco, "provando" a essere etero
2. che fossero individualisti, che non si "sacrificassero" per l'altra persona.

Insomma proiettavo su di loro le azioni opposte di quelle che stavo compiendo io, e di cui fondamentalmente non ero soddisfatta. Con una certa invidia. Come uno che non riesce a essere se stesso, che invidia chi ci riesce.

cryppy ha detto...

clive barker... quello di hellraiser? °_°

Silvia ha detto...

si si, lui! come scrittore lascia un po' a desiderare, però...

Anonimo ha detto...

bah.. io sarò un caso raro, visto che il mio primo bacio ad una donna l'ho dato in realtà ad una bambina, alle elementari, però da piccola non pensavo proprio niente!non pensavo assolutamente di essere lesbica, cosa sulla quale ho qualche dubbio tutt'ora, ma mi sembrava logico che le donne apprezzassero le altre donne per il semplice fatto che la donna era, a mio parere, oggettivamente più bella dell'uomo. cosa assurda, nel crescere non ho interpretato la mia attrazione verso il genere femminile come omosessualità, ma come un semplice modo di essere che gli altri non avrebbero capito. Quindi diciamo che dall'interno avvertivo ostilità e incomprensione. Io, quindicenne, quando pensavo a lesbiche e gay? bè, ho sempre avuto la mania della forza a tutti i costi, perciò le donne che ne amavano altre erano quelle che semplicemente, parlando per stereotipi, avevano i coglioni ed erano degne di stima, gli uomini che ne amavano altri erano deboli, mi turbavano. Ma crescendo ho capito che se mi turbavano non era per il loro modo di amare, quanto perchè indossavano alla luce del sole le fragilità che io non sapevo mostrare. Ste