domenica 26 giugno 2011

Milano siamo (anche) noi


Il Pride a Milano è sempre nazionale.
Davvero, se conoscete un minimo questa città e siete stati ad un Pride, non potete che esserne soddisfatti. Il clima che si respira, le facce di chi partecipa e di chi, a lato, osserva passare il corteo tenendo il ritmo con le mani, dei fortunati che si affacciano direttamente dal balcone di casa e cantano, i mille volantini che ti ritrovi in mano che sono tutti diversi eppure tutti simili, le danze, i colori. Si può dire lo stesso di tutti i Pride? In potenza forse si, ma a conti fatti no. Ci sono Pride in cui si avverte la divisione delle associazioni, l'antagonismo, le opinioni che dividono più di quelle che uniscono. Ce ne sono altri che sono troppo superficiali, patinati, plastici, e non riescono a coinvolgere. E ci sono anche, purtroppo, quelli non partecipati, sgonfi, che non riescono ad essere gioiosi.
Non so in quanti fossimo ieri, i numeri non mi interessano. A camminarci dentro si aveva la sensazione di essere in mezzo ad una folla, e tanto mi basta. Una folla eterogenea ed entusiasta, perché a Milano alle volte si ha davvero la sensazione, come ho trovato scritto in un volantino, che o sei friendly o sei out.

Qui potete trovare le mie foto di ieri.

sabato 25 giugno 2011

Christopher street day, Milano


Oggi è giorno di Pride, a Milano. O meglio, è giorno di Christopher street, in onore della strada di New York da cui tutto ha avuto inizio il 27 giugno del '69. La strada dello Stonewall dei moti, al Greenwich Village. Ma che ve lo dico a fare!
Allora vi dico il percorso e l'orario e ci si vede lì: partenza da piazza Lima alle 16,30, poi corso Buenos Aires, addobbato per l'occasione, corso Venezia, piazza San Babila, piazza Scala, piazza Cordusio, via Cusani, largo Cairoli e arrivo in piazza Castello.
Il patrocinio del Comune stavolta c'è. Pisa dj pare di no causa impegni da sindaco, ma forse ci manda un messaggio come Mina.
Qui il manifesto politico con le richieste della manifestazione. Ce l'ha il carnevale un manifesto politico?
A stasera!

venerdì 24 giugno 2011

Pippo Franco, prega per noi

In foto, Pippo Franco in Giovannona coscialunga disonorata con onore.

Sono giorni in cui a farsi un giro su internet risuona in testa quella scena di Sogni d'Oro, un vecchio film di Moretti, ripresa anche da Caparezza nel suo ultimo album. Tutti parlate di cinema. Io non parlo di cose che non conosco. Parlo mai di epigrafia greca?, gridava Michele. Ecco, io non parlo di oncologia e non parlo nemmeno di fede. Al massimo parlo di Clero, ma la fede non so più cosa sia da almeno 14 anni e non mi permetto di metterla in discussione nei credenti.
Un oncologo e un vecchio comico del Bagaglino però in questi giorni parlano di cose che io conosco, loro no. Omosessualità, ovviamente. E perché privarcene.
Pontifex è decisamente un irritante sito di trolls da evitare, ma come si fa a non cliccare su un link che promette un'intervista a Pippo Franco sulla degenerazione dei valori?
La prima riga dell'articolo (oddio, articolo..) ripaga con una risata di aver ceduto alla resistenza iniziale: Con Pippo Franco, ATTORE DI GRIDO, parliamo a tutto campo di religione.Il resto è un bla bla che ci interessa poco, ma la conclusione merita: Pippo Franco prega per noi. Per la nostra conversione e guarigione. Amen.
Una cosa sensata, anche se impossibile da dimostrare, però l'ha detta. Che omosessuali si nasce.
Non la pensa così Veronesi, che dopo il 95% di calci in culo al nucleare al referendum, è passato a difendere altre cause. La nostra. Con scarsi risultati.
Dopo aver dichiarato che l'amore omosessuale è il più puro perché non strumentale alla procreazione, continua affermando che l'omosessualità è una scelta consapevole e più evoluta, e conclude facendo rigirare Giorgio Celli nella tomba, uno dei primi a studiare l'omosessualità negli animali. Secondo l'oncologo la pratica omosessuale tra gli animali è un bisogno di ottenere un rapporto sessuale, come l'onanismo. Pazienza per tutti gli studi e i documentari che dimostrano come non sia l'assenza di partners del sesso opposto a far ripiegare su un accoppiamento omosessuale, dal momento che questi casi si verificano all'interno di un branco. O colonia, per i nostri amici pinguini!
Insomma Umberto, grazie del tentativo, ma forse è meglio se dal sindaco di Sulmona ci difendiamo da soli.

giovedì 23 giugno 2011

Chi non muore si rivede: The real L word 2



E' proprio vero sciura Maria: chi non muore si rivede. E così, anche quest'estate sarà allietata dalle improbabili situzioni per nulla create a tavolino di The Real L Word 2 (da qui in poi trlw2), il quale, a differenza della prima stagione è si, sempre artificioso come una puntata di cerco casa disperatamente, ma, straordinariamente, molto molto meno irritante della prima serie.
Forse perchè abbiamo detto ciao ciao a

1 La coppia Nikki e Jill, ovvero quelle che volevano a tutti i costi una cerimonia


2 Mikey, l'uomo intrappolato nel corpo di una lesbica (parole sue, eh) e intrappolato nella messa in scena della fantomatica fashion week losangelina



3 Tracy, quella carina (ciao Tracy,ci manca il tuo sorriso)



4 Rose, quella che fa Papi


La situazione è decisamente migliorata.
Insomma, del cast originario è rimasta solo Whitney (quella con i rasta a cui è toccato il ruolo di Shane), è forse è meglio così, per quanto la decisione di far girare tutto intorno a lei, e alle sue ex, ed alle nuove ragazze delle sue ex, ed alle ex delle sue ex, faccia sembrare tutto l'ensemble vero come veri sono i panini dei distributori automatici.
Si,ci siamo capite,i sei gradi di separazione, il lesbian drama-drama-drama, ogni faccia è conosciuta, solita minestrina. La situazione è così ridicola e paradossale da venir perculata anche dalla trasmissione stessa:

ah ah

Ma presentiamo il cast:


Loro sono Romi e Kelsey. Si, Romi è una delle ex di Whitney, apparsa anche nella scorsa stagione (si, quella della famosa scena con lo strap-on). Kelsey è la sua nuova ragazza, è tanto carina, veramente, io tifo tanto per lei, ma secondo me alla fine della serie non ci arriva.


Lei è Claire, che se ne è andata da New York lasciando lì una bellissima ragazza asiatica per tornare fra le braccia della sua ex bellissima ragazza asiatica con cui forse ha chiuso, forse no. Anche la loro situazione è così ridicola da meritarsi la perculata direttamente da parte degli autori:


E se, va beh, è a Los Angeles anche per creare un nuovo magazine about lesbian's lifestyle. Groundbreaking!


Lei è Francine (segue sguardo adorante), la ex ragazza di Claire.Oltre ad essere bella ed asiatica è l'unica persona saggia in questo programma. Sono passate tre puntate ed ella non solo non ha mai detto una cazzata, anzi, ma ha dimostrato d'avere più sale in zucca del resto del cast messo insieme.


Lei è Sara, un'ex di Whitney. Pretty much, that's all.


Lei è Sajdah una ragazza adorabile, senza tatuaggi, senza piercing, senza un lavoro nel mondo della moda, senza un problema con l'alcool, senza scene di sesso (gratuite) davanti alle telecamere, senza drama drama drama . Così adorabile che ti chiedi come sia finita in quella gabbia di leoni ( e ogni tanto sembra chiederselo anche lei).


Lei è Rachel, un'altra ex di Whitney, una donna con una sola missione: tornare a letto con Whitney, non importa quanto dovrà mettersi in ridicolo per ottenere l'agognato risultato.


Loro sono Kacy e Cory. Kacy e Cory, nella migliore tradizione di L Word, stanno cercando dello sperma perché una delle due sta ovulando.


E lei, infine, è Whitney. Si, Shane. Potete immaginare.

Insomma, se la stagione passata era insopportabilmente irritante, questa stagione è, seppur pari merito sciocchina, molto, molto ilare. The Frog, una che anche dinnanzi alla più divertente puntata di The Big Bang Theory reagisce ridendo in maniera composta e misurata, ieri ha quasi raggiunto le lacrime durante la seconda puntata, ed ha implorato lo show di non finire mai, mai mai, "Questo programma non dovrebbe finire mai! Vero che non finisce? Ma quanto dura? Ma è meraviglioso!"
Se non vi bastasse questo, il vero, verissimo motivo per cui dovreste guardarvi trlw2 è uno: potervi leggere, con cognizione di causa, i recap di Autostraddle (i quali sono anche molto molto istruttivi).

martedì 21 giugno 2011

Diversamente etero


Ora che ho (finalmente!) finito la mia noiosissima tesi posso finalmente concentrarmi su Diversamente etero. Dalla proiezione al Mix è passato quasi un mese, lo so, ma come avevo già scritto qui il documentario era troppo complesso,variegato e stratificato per poter essere analizzato a dovere dalla povera me medesima in versione laureanda piena d'odio e caffè.
Sicchè al noioso tomo è stata messa la parola fine, passiamo a cose più interessanti.
Allora, diversamente etero: per prima cosa, quando scrissi questo post qui in seguito alla lettura di questa intervista, devo ammettere che presi una bella cantonata. Sgombriamo subito il campo: diversamente etero non è un documentario fatto da fan del sogno per le fan del sogno che racconta il sogno. Come ho già scritto in lungo e in largo, a me tutto quello che circonda l'essere fan crea un certo disagio, perché lo associo a qualcosa di irrecuperabilmente irrazionale. Considero già abbastanza da folli l'essere fan di qualcosa di "concreto"(id est, che so, un gruppo, un telefilm, un libro);se l'argomento su cui riversare l'adorazione è (parere mio, eh. L'invito smentirmi è sempre valido) una sonora baggianata, dall'incredulità si passa al rifiuto prima e l'irritazione poi. Però, proprio come nel documentario non si parlava strettamente di Veronica e Sarah, non mi dilungherò nemmeno io su quest'argomento che (l'ho capito, infine) non rappresenta il fine del documentario, ma solo il mezzo.
Quindi, se non è un documentario fatto da fan del sogno per le fan del sogno che racconta il sogno, che cos'è Diversamente etero?
Come detto sopra, usando l'ensemble Veronica e Sarah come punto di partenza, il documentario riflette su argomenti tutt'altro che faceti: la (mancata) visibilità delle lesbiche nella televisione italiana, l'immenso potere della rete nel far emergere il sommerso, tutte le relazioni, le situazioni e le implicazioni che questo fenomeno ha avuto, sui singoli prima e su una "collettività parallela poi". Il punto è questo: in Italia siamo così "a secco" di lesbiche in tv, lesbiche nella rappresentazione mainstream, lesbiche che siano effettivamente lesbiche e non solo spettacoli da Bagaglino, che un fenomeno seppur non strettamente lesbico ma, appunto, diversamente etero, diventa iconico, potente, diventa (dobbiamo ammeterlo) tutto quello che abbiamo. E che ci piaccia o no (a me non piace, non è certo un segreto), dobbiamo prenderne atto, e ragionare sul come riempire quel vuoto, che sa tanto di censura (giusto ieri italia 1 ha ben pensato di censurare un "bacio gay" durante la messa in onda di Gossip Girl) di emarginazione, di negazione. Semplicemente: per la tv noi non esistiamo. E sarebbe bello (oh, se sarebbe bello) affermare la tv è tutta spazzatura, spegniamo la tv, a morte la tv, concentriamoci su altro, boicottiamo mediaset, ma la realtà è che (purtroppo) ampia fetta della cultura italiana si forma anche grazie alla televisione, e non quella che passa all'una di notte Fuori Orario. Se la visibilità gay, seppur a spizzichi e bocconi, seppur spesso rappresentata in modo quantomeno opinabile, s'è ritagliata uno spaziettino nella televisione italiana, noi no. Noi siamo meno di zero, a meno che, ovviamente, non si vogliano considerare lesbiche due tizie a caso che in un programma tv a caso amoreggiano per far felice l'uomo di turno.
Credevo che rifletterci sopra per un mesetto buono, prendere un caffè con Elena Tebano, parlarne a chiunque mi capitasse a tiro mi avrebbe chiarito le idee, ma di fatto sono ancora punto e capo, ho tutto in testa ma non riesco a dirlo, non riesco a spiegarvi perchè, e come, per me vedere Diversamente Etero è stata una rivelazione, qualcosa che mi ha lasciata frastornata e con un sacco di cose a cui pensare, un sacco di cose da cui verrebbero fuori un sacco di post, qualcosa che non riesco (ancora ) a sintetizzare in maniera chiara e concisa, qualcosa a cui non sono ancora riuscita a mettere un punto.
Posso però dirvi che se leggete questo blog probabilmente questi argomenti v'interessano, perciò vi consiglio caldamente di andare a vedervelo (potete controllare qui quando e dove viene proiettato).Intanto per le milanesi che se lo sono perso, viene riproiettato questa domenica alle quindici presso lo Spazio A Sesto San Giovanni, all'interno di un'iniziativa organizzata dall'arcilesbica milanese. (qui tutte le informazioni)
Io (noi) ovviamente ci vado, così magari, prima poi, un post decente a riguardo riesco anche a farvelo.

Nel frattempo, nel mondo:

Il nostro nuovo sindaco, il noto estremista comunista e gay (cit) ha dato il patronicinio al gay pride,quest'anno. Motivo in più per scendere in piazza sabato pomeriggio (si parte alle 16.30 da piazza Lima, venite, questo è il sito ,della manifestazione).

Se cercate "lesbians" su google, questo sarà il risultato. Grazie Google.

Qui potete sentire l'interessante servizio andato in onda stamattina a Radio Popolare sui matrimoni gay nello stato di New York. Fantascienza ragazze, fantascienza.

mercoledì 15 giugno 2011

Pictures of pride

In foto la nostra cara Geco.


Siamo state al Pride, e questo si sapeva. Io ho portato dietro la mia fedele macchina fotografica, che si chiama Lucrezia. E questo lo potevate immaginare. Quella che apre il post è un assaggio, il resto lo potete trovare tra le foto della nostra pagina facebook, ovvero qui.

martedì 14 giugno 2011

Dissapoint the youth


Ringraziamo per la bella foto Sara Mils (la qualità delle immagini di blogger non le rende affatto giustizia).
Il titolo del post viene da questa canzone degli Adult.

Metterò subito le mani avanti senza fare troppi giri di parole: a me questo pride non è piaciuto. Per niente. Facendo due conti con l'età che avanza, l'anno prossimo saranno 10 anni di pride per me. Ho iniziato a sfilare a 17 anni, e dal 2002 ne ho visti di riusciti o meno, partecipati o non tanto partecipati, caotici o organizzatissimi, ho fatto due nazionali (Milano 2005, Genova 2009), bene o male me ne sono sempre tornata a casa ustionata e soddisfatta. (eccezion fatta per l'anno 2007, in cui non sono tornata a casa perchè sono svenuta prima)
Quest'anno, nonostante io mi sia abbondantemente scottata, non ero tanto soddisfatta.
Potrei dare la colpa della mia insofferenza al mio abbigliamento inappropriato, frutto del subdolo sito meteo che ha detto "pioggia" ed alla zona "subagusta" ove effettivamente, meterologicamente parlando, non tirava una bella aria (inaproppriato perchè i cheap monday con 30 gradi non si augurano a nessuno), ma non è solo questo. Potrei dire che la musica era pessima, che di carro in carro (ed erano quaranta) si ribalzavano Madonna prima Lady Gaga poi e una Bertè qua e là non la si nega a nessuno, ma non è solo questo.
Potrei dirvi che nonostante fosse "Europride" tutti i carri parlavano italiano.
Il carro dell'Agedo come al solito è stato il più bello e il più commovente, il più applaudito dalla folla (e non può essere diversamnte, quelle persone sono adorabili).
Potrei dirvi, invece, che durante il percorso non è stato detto un granchè di politico, tutti gli interventi sono stati relegati alla fine, dopo Lady Gaga. Grosso errore.
Sarebbe troppo facile e ingeneroso fare il paragone con il pride milanese dell'anno scorso (troppo facile, la musica era per-fet-ta), ma un paragone col pride genovese di due anni fa, invece ci sta tutto. Il pride nazionale a Genova (di cui abbiamo parlato qui qui qui e qui) è stato un pride participatissimo, dai manifestanti e dalla città. La zona del porto era piena di bandiere della manifestazione, i commercianti avevano tutti o quasi almeno un volantino, in strada c'era chiunque, e il bel momento passato in galleria dove tutti, e dico tutti, anche i bambini, hanno cantato America di Gianna Nannini. Ecco, io queste cose all'Europride non l'ho viste, non le ho proprio sentite.
Mi è sembrato d'aver camminato per una distanza brevissima andando molto molto piano, di sentire musica brutta sparata a volumi impressionanti (mentre alcuni carri avevano volumi da bisbiglio), d'aver visto pochi, pochini stranieri, molti carri (molti quelli dei locali) ma insomma poca sostanza.
Sostanza che, a quanto mi è stato detto, è stata tutta condensata nell'ormai celeberrimo discorso di Lady Gaga (approvato) e nei discorsi a seguire, e devo crederci sulla fiducia perché quando è stata (bruscamente) levata la musica ai carri io ormai vedevo sfilare non persone, ma le patate ripiene del greco del pigneto. Insomma, ero molto stanca ed avevo molta fame, quindi me ne sono andata a saziare la mia voglia di patate altrove.
Per cui, probabilmente,si, la mia è una percezione parziale dell'evento Europride, ma con grande, grandissimo rammarico devo dire che si, ecco, è stata una grande parata, ma secondo me è stata, anche, un'occasione un po' sprecata.

Cambiando discorso:

Sull'Unità di giovedì 9 giugno c'era un bell'articolo firmato da Nicla Vassallo e Vittorio Lingiardi, e lo potete leggere qui

Guardatevi questa bellissima iniziativa del Best

E' riniziato The Real L Word e, udite udite, questa stagione sembra meno sciocchina della precedente. Come esauriamo l'argomento Europride ne parliamo

martedì 7 giugno 2011

Syria, It’s Scarier

Amina, la blogger lesbica siriana di cui avevamo parlato in questa occasione, è stata rapita dalla polizia ieri notte. Qui potete sentire la trasmissione odierna di Alaska sull'argomento.
Che tristezza, cazzo. Che tristezza.

In questo link potete trovare tutte le istruzioni per "fare pressione" sull'ambasciata siriana e chiedere il rilascio di Amina.


Aggiornamento dei giorni successivi: come ormai saprete tutti, Amina non esiste. Ne parliamo dopo. Il "che tristezza, cazzo, che tristezza" resta, ovviamente.

Allora, update sulla faccenda Amina, 14 giugno:
la notizia del rapimento è stata postata su "A gay girl in Damascus" lunedì sei, in seguito alla trasmissione di Alaska di martedì sette abbiam scritto il post qui sopra, già mercoldì otto, come riportato sempre da Alaska, erano inziati i dubbi sull'identità di Amina, dubbi via via sempre più solidi, come riportato da Alaska del dieci giugno. Poi, il 13 giugno, quando ormai tutti gli altarini erano belli che saltati, la conferma direttamente da "a gay girl in Damascus": Amina non esiste, esiste però Tom MacMaster.
E' un po' come quando dici ai bambini che non esiste babbo Natale: era una bella storia in cui credere, ma la realtà è che i doni sotto l'albero te li mettono mamma e papà.
Tutto quello che c'era da dire in merito l'ha detto Marina Petrillo nella puntata odierna di Alaska, (la potete sentire qui), e io lascio la parola a lei che, sicuramente, lo sa spiegare meglio di me. (anche Autostraddle ne ha scritto in maniera esustiva, qui il post)

Scusa non ti sento, sono alquanto occupata




Il titolo del post viene da questa canzone

Nel mondo succede anche questo: Freja Beha Erichsen e Arizona Muse. (Foto presa qui)

Cose che succedono/ sono successe/ succederanno a breve:

Non serve certo che ve lo dica io, visto che la notizia, da due giorni a questa parte, è stata urlata da una parte all'altra del globo terracqueo: Lady Gaga sarà presente all'Europride di Roma. Al momento (20 e 11 del 6 giugno) non è ben chiaro se canterà o meno, se si limiterà a sfilare o terrà anche un "comizio". In ogni caso, son cose!
A livello musicale Lady Gaga per me vale quanto qualsiasi altra sua simile: dura che quel che dura, non è decisamente il mio genere e comunque la regina incontrastata resta sempre lei, la sempiterna Madzilla. Che sia un faro per la comunità lgbt è un dato innegabile, e che l'averla portata a Roma sia un colpaccio pure.Sono contenta per il "lustro" che darà all'Europride (se la manifestazione fosse stata chiusa che so, dalla Rettore, non si avrebbe avuto lo stesso impatto, è innegabile), ed è pure innegabile che la copertura mediatica dell'evento, finora scarsina a voler usare un eufemismo, si sia moltiplicata esponenzialmente dopo l'annuncio della sua presenza. Quindi, groppuscoli di fanatici religiosi, questa è per voi: pappapero.
Canzonette discutibili a parte (eccezion fatta per Bad Romance, un capolavoro nel suo genere e protagonista di questo indimenticabile momento ) a me Gaga piace giusto in questa sobria versione:




foto presa qui

(amici, lo so anche io che ci sono foto risalenti alla scorsa estate dove non troppo sobria ballo felicissima Alejandro. Ora non stiamo a ritirarle fuori per dimostare il mio latente e inespresso amore per Lady Gaga, sono la prima ad ammettere che dopo due birrette ballerei qualsiasi cosa, anche questo)

Udite Udite, è riniziato the Real L Word! (giusto in tempo, è appeno finito Uomini e Donne). Ne potete avere un assaggino qui.
Sono felice come un bambino in un negozio di dolciumi.

E' uscito il libro di Gigola. visto con i miei occhi sabato, lasciato in libreria a causa del prezzo.In copertina c'è Lou Doillon, costa 14 euro e consta di 230 pagine.

Nell'Unità di ieri, rubrica Liberi Tutti, c'era un articolo molto interessante (ed interessante è detto senza alcuna accezione ironica) sulla lettera scritta al Papa dal forum europeo dei gruppi cristini di lesbiche, gay, bisessuali e trasgender .Lo potete leggere qui

That's all, folks. Meno quattro!

lunedì 6 giugno 2011

All the lazy dykes

Foto presa qui.


Ci siamo montate la testa.
Fomentate da una lettrice con la voglia di rimboccarsi le maniche, abbiamo aperto un altro blog , stavolta in inglese, con padrino onorario mr. Morrissey (in foto qui e lì), che ci ha fornito anche il titolo (il sottotitolo è, invece, di Elvis).
Non si tratterà di una mera traduzione di questo in quello (sebbene ci saranno sicuramente post simili), ma vuole essere un qualcosa di nuovo, pensato per e indirizzato ad un pubblico straniero (o residente all'estero).
Quindi mie care, voi che vivete a Londra, Dublino, Berlino o che: spread the word.

(Poi, in realtà noi si ha in mente un progetto ancora più ambizioso, ma ci vorrà tempo, e ancora del tempo.)

giovedì 2 giugno 2011

Mix, 31 maggio: Break my fall


Tempi duri per i lungometraggi: l'ondata di telefilm "ben fatti, con una trama avvincente, recitati a dovere, senza improbabili incroci generazionali, spesso con personaggi lgbtq " che ha investito il piccolo schermo negli ultimi anni ha travolto tutto come una valanga, creando un solco da cui è difficile prescindere.
Se per appassionarvi a, che so, Naomi ed Emily (Skins) avete circa 12 puntate a stagione, 24 in tutto, in pratica una giornata da passare téte-a-téte, per farvi piacere un film, o meglio, per far si che il film si faccia piacere da voi ha solo un'oretta e un quarto, un'oretta e mezza quando gli va bene (due? esagerazione!), ed ammettiamolo, è una faticaccia.
I telefilm hanno spostato l'asticella del gusto un po'più in là, hanno alzato la posta in gioco: i telefilm creano affezione, i telefilm continuano di anno in anno, crescono, e soprattutto, vanno veloci (a meno che non guardiate Twin Peaks, ma quello è tutt'un altro discorso).
Break my fall poteva essere un bel film, ma nel paragone con Skins (e ora vi spiego perché questo paragone è inevitabile) perde su tutta la linea, ed ha un grande, grande difetto: è lento da morire.
Gli elementi di successo c'erano tutti: le protagoniste sono lesbiche hipster al punto giusto, fanno lavori improbabili e sognando un futuro come musiciste, i loro amici sono altrettanto improbabili ed altrettanto carini, c'è la dddroga, la loro casa, è tanto carina e tanto carinamente incasinata, lo sfondo è una Londra tanto tanto carina, la colonna sonora è molto carina.
Insomma, è tutto molto molto carino, ma molto molto lento a decollare.
E qui entra in gioco il paragone con Skins: se avete "l'originale" frenetico, con una trama avvincente, due ragazze carinissime a cui è stata dedicata una bella sottotrama, inserite in un contesto di droga eccetera eccetera, ma decisamente più vivace (e soprattutto più parlato), cosa scegliereste? Quello, o la versione più lunga, meno strutturata e un filino più amatoriale?
A malincuore, ma Break my fall non mi è piaciuto molto. Gli do un sei meno meno, veramente a malincuore. Gli elementi per renderlo un bel film c'erano tutti, ma la realtà è nuda e cruda: telefilm is the new black.

Prima del film sono stati proiettati gli spot vincitori del concorso indetto da Arcilesbica Quella... piace più alle donne che agli uomini e li potete vedere qui (a noi sono piaciuti molto il primo ed il secondo classificato).
Nella giornata di ieri sono stati anche eletti i vincitori del Mix, rispettivamente:

80 Egunean per i lungometraggi (maledizione, questo non l'abbiamo visto. Mi sto mordendo le mani, spero di recuperarlo in qualche modo).

Il lupo in calzonici corti come miglior documentario, menzione speciale a We were here

Uniformadas come miglior corto, menzione spciale a Tide Imellom

Gay June però non si ferma con la fine del Mix: con la giornata di ieri si è inaugurata la settimana di eventi verso l'europride di Roma, e questo fine settimana a Milano si terrà il Queer Festival (programma completo qui).
Quanto mi piace giugno.

mercoledì 1 giugno 2011

We were here


Manifesto di Act up per la lotta all'Hiv.


Mea culpa.
A nome mio e delle altre teste del blog: è dovuto. Sappiamo di non parlare abbastanza né di Hiv/Aids né della necessità (e dei metodi) di prevenzione, soprattutto (ma non solo) per quanto riguarda il sesso occasionale. Non siamo le uniche ad avere questa pecca, ma questa non è una scusa, così come non lo è la famigerata bassa incidenza di contagio tramite il sesso "lesbico".
Non ci sono buoni motivi per rischiare. Niente, e sottolineo niente, può valere la pena del rischio, la sicurezza del pericolo.
Ce lo ha ricordato ieri, con straziante intensità, il documentario We were here di David Weissman, presentato precedentemente alla Berlinale e al Sundace Film Festival e assolutamente meritevole, per quanto mi riguarda, del premio per il miglior documentario del Festival Mix 2011, anche se non gli è stato attribuito.
Il documentario racconta gli anni della prima (e massima) diffusione del virus dell'Hiv nella San Francisco di Castro e delle Cockette, della confusione, della paura, della divisione e soprattutto della reazione della comunità queer, che si è trovata isolata in una lotta che andava ben oltre l'accettazione e i diritti civili. Nella metà degli anni ottanta e nei pieni anni novanta risultare positivo all'Hiv voleva dire soprattutto essere soli: allontanati da una società che aveva paura, spesso senza una famiglia che già si era allontanata molto tempo prima, senza speranza in una guarigione e senza nessun tipo di comprensione. In questa situazione la comunità di Castro si è stretta a se stessa e ha dimostrato tutta l'umanità e l'altruismo di cui l'uomo è capace, creando centri di assistenza, metodi di raccolta fondi, pressioni politiche per la ricerca e la diffusione delle medicine.
Quello che hanno fatto quelle persone, per la stragrande maggioranza oggi decedute, è incredibile, quello che hanno visto impensabile.
Il documentario non può darne che un'idea, estremamente dolorosa ed estremamente importante, per la quale tutti noi in sala abbiamo pianto.