martedì 21 giugno 2011

Diversamente etero


Ora che ho (finalmente!) finito la mia noiosissima tesi posso finalmente concentrarmi su Diversamente etero. Dalla proiezione al Mix è passato quasi un mese, lo so, ma come avevo già scritto qui il documentario era troppo complesso,variegato e stratificato per poter essere analizzato a dovere dalla povera me medesima in versione laureanda piena d'odio e caffè.
Sicchè al noioso tomo è stata messa la parola fine, passiamo a cose più interessanti.
Allora, diversamente etero: per prima cosa, quando scrissi questo post qui in seguito alla lettura di questa intervista, devo ammettere che presi una bella cantonata. Sgombriamo subito il campo: diversamente etero non è un documentario fatto da fan del sogno per le fan del sogno che racconta il sogno. Come ho già scritto in lungo e in largo, a me tutto quello che circonda l'essere fan crea un certo disagio, perché lo associo a qualcosa di irrecuperabilmente irrazionale. Considero già abbastanza da folli l'essere fan di qualcosa di "concreto"(id est, che so, un gruppo, un telefilm, un libro);se l'argomento su cui riversare l'adorazione è (parere mio, eh. L'invito smentirmi è sempre valido) una sonora baggianata, dall'incredulità si passa al rifiuto prima e l'irritazione poi. Però, proprio come nel documentario non si parlava strettamente di Veronica e Sarah, non mi dilungherò nemmeno io su quest'argomento che (l'ho capito, infine) non rappresenta il fine del documentario, ma solo il mezzo.
Quindi, se non è un documentario fatto da fan del sogno per le fan del sogno che racconta il sogno, che cos'è Diversamente etero?
Come detto sopra, usando l'ensemble Veronica e Sarah come punto di partenza, il documentario riflette su argomenti tutt'altro che faceti: la (mancata) visibilità delle lesbiche nella televisione italiana, l'immenso potere della rete nel far emergere il sommerso, tutte le relazioni, le situazioni e le implicazioni che questo fenomeno ha avuto, sui singoli prima e su una "collettività parallela poi". Il punto è questo: in Italia siamo così "a secco" di lesbiche in tv, lesbiche nella rappresentazione mainstream, lesbiche che siano effettivamente lesbiche e non solo spettacoli da Bagaglino, che un fenomeno seppur non strettamente lesbico ma, appunto, diversamente etero, diventa iconico, potente, diventa (dobbiamo ammeterlo) tutto quello che abbiamo. E che ci piaccia o no (a me non piace, non è certo un segreto), dobbiamo prenderne atto, e ragionare sul come riempire quel vuoto, che sa tanto di censura (giusto ieri italia 1 ha ben pensato di censurare un "bacio gay" durante la messa in onda di Gossip Girl) di emarginazione, di negazione. Semplicemente: per la tv noi non esistiamo. E sarebbe bello (oh, se sarebbe bello) affermare la tv è tutta spazzatura, spegniamo la tv, a morte la tv, concentriamoci su altro, boicottiamo mediaset, ma la realtà è che (purtroppo) ampia fetta della cultura italiana si forma anche grazie alla televisione, e non quella che passa all'una di notte Fuori Orario. Se la visibilità gay, seppur a spizzichi e bocconi, seppur spesso rappresentata in modo quantomeno opinabile, s'è ritagliata uno spaziettino nella televisione italiana, noi no. Noi siamo meno di zero, a meno che, ovviamente, non si vogliano considerare lesbiche due tizie a caso che in un programma tv a caso amoreggiano per far felice l'uomo di turno.
Credevo che rifletterci sopra per un mesetto buono, prendere un caffè con Elena Tebano, parlarne a chiunque mi capitasse a tiro mi avrebbe chiarito le idee, ma di fatto sono ancora punto e capo, ho tutto in testa ma non riesco a dirlo, non riesco a spiegarvi perchè, e come, per me vedere Diversamente Etero è stata una rivelazione, qualcosa che mi ha lasciata frastornata e con un sacco di cose a cui pensare, un sacco di cose da cui verrebbero fuori un sacco di post, qualcosa che non riesco (ancora ) a sintetizzare in maniera chiara e concisa, qualcosa a cui non sono ancora riuscita a mettere un punto.
Posso però dirvi che se leggete questo blog probabilmente questi argomenti v'interessano, perciò vi consiglio caldamente di andare a vedervelo (potete controllare qui quando e dove viene proiettato).Intanto per le milanesi che se lo sono perso, viene riproiettato questa domenica alle quindici presso lo Spazio A Sesto San Giovanni, all'interno di un'iniziativa organizzata dall'arcilesbica milanese. (qui tutte le informazioni)
Io (noi) ovviamente ci vado, così magari, prima poi, un post decente a riguardo riesco anche a farvelo.

Nel frattempo, nel mondo:

Il nostro nuovo sindaco, il noto estremista comunista e gay (cit) ha dato il patronicinio al gay pride,quest'anno. Motivo in più per scendere in piazza sabato pomeriggio (si parte alle 16.30 da piazza Lima, venite, questo è il sito ,della manifestazione).

Se cercate "lesbians" su google, questo sarà il risultato. Grazie Google.

Qui potete sentire l'interessante servizio andato in onda stamattina a Radio Popolare sui matrimoni gay nello stato di New York. Fantascienza ragazze, fantascienza.

12 commenti:

Barbara ha detto...

Per me D.E. è stato importante per due motivi:

1) mi ha riportato ai tempi in cui ero "figlia dei miei genitori", vivevo con loro, vivevo al paesino di bigotti ipocriti

2) racconta la realtà in tutte le sue sfumature. La realtà non è fatta solo di lesbiche che si svegliano una mattina, si rendono conto di essere lesbiche, e si comportano di conseguenza. La realtà è fatta di lesbiche che un po' si esprimono, un po' non si esprimono; un po' sono coraggiose, un po' hanno paura; un po' sono sincere, un po' sono ipocrite. Possiamo anche dire "problemi loro si svegliassero", ma significa mandare a quel paese milioni di italiane.

Anonimo ha detto...

Ciao!
Ho scritto solo una volta anni fa ma continuo a leggere e a seguirvi. Approfitto quindi anche per ringraziarvi dei costanti aggiornamenti sul mondo lgtb e non. E' molto importante per me.

Per quanto riguarda il post:
io non ho visto "Diversamente Etero", ma concordo con il commento di Barbara qui sopra (ciao Barbara!)e mi chiedo se la tua difficoltà nel mettere un punto a questo argomento stia nel fatto che molto spesso anche noi - e per "noi" intendo noi "lesbiche che si svegliano una mattina, si rendono conto di essere lesbiche, e si comportano di conseguenza" (grazie Barbara) - tendiamo a etichettare e a etichettarci. Perciò accade a volte (a me è accaduto) che quando ci troviamo di fronte a realtà non etichettabili o che non si vogliono etichettare (per paura o per...?) ci straniamo e quasi ci incazziamo perchè "noi abbiamo avuto coraggio. Perchè lei non può? Sta con una ragazza? E allora è lesbica punto e basta!". Ma in realtà non per tutti è così semplice e così ovvio.

Insomma...è per questo? E' sola una piccola riflessione e forse capirò meglio dopo averlo visto...

M.C.

Dark Side of Pop ha detto...

Interessantissimo!
Grazie, come sempre!

Barbara ha detto...

Ciao MC
anche secondo me a volte cadiamo vittima di quegli stessi pregiudizi che tentiamo di combattere. E poi mi chiedo, ma quante di "noi" sono partite veramente in quinta, giù a militare, il giorno dopo il primo dubbio? I tempi di transizione ci sono per tutte: per alcune sono brevissimi, per altre lunghissimi, ma sempre di tempi si tratta. Se poi diventiamo così intolleranti con chi ha i tempi lunghi vuol dire che ci dà fastidio ricordarci dei nostri, di tempi... poi certo, magari non tutte siamo state ipocrite, o magari non siamo mai arrivate a forme estreme di auto-odio... ma condannare chi ha reazioni diverse a una realtà comune credo che non aiuti.

(PS non sto dicendo che etwas faccia questo, sto parlando in generale)

Marta ha detto...

no, la mia difficoltà a parlare del documentario non è legato all'argomento "lesbiche non militanti" (lo riassumo così, anche se è carente) quanto più all'ampissima quantità d'argomenti trattati in diversamente etero, argomenti che meriterebbero ciascuno un post a se stante. mi sono fatta una scaletta per scrivere il post, e per ogni punto da trattare c'era così tanto da dire che ho preferito fare un sunto (molto, molto sunto) del documentario per se, piuttosto che analizzare tutti i punti che mi ero segnata. detto questo, probabilmente alla proiezione di domenica ci vado con carta e penna, così tutto quello che devo dire me lo segno (ho una pessima memoria a breve termine).

per quanto concerne invece le "lesbiche non militanti": io sicuramente parto di un punto di vista avantaggiato, ho capito d'esser lesbica piuttosto presto, ho fatto coming out a 16 anni e i miei genitori l'han presa bene, ho sempre vissuto la mia vita serena e tranquilla, che son lesbica credo lo sappia chiunque (ma veramente chiunque, anche i docenti universitari, per dire) e per me la mia omosessualità non è mai stata un problema. però ,non significa che io, dall'"alto della mia posizione" disprezzi, o consideri talune lesbiche di seconda categoria, o mi senta più lesbica di altre, o che voglia necessariamente etichettare questi "strani " fenomeni.( anche perchè, secondo me, se poprio gli si vuole dare un nome, esiste già: bisessuali)
però mi danno molta noia (perchè mi sanno di ipocrisia pura), frasi come io non amo lei, amo la sua testa, mi innamoro delle persone, la mia sessualità è fluida, per me uomini e donne sono uguali, io guardo la persona...
si certo, fai come ti pare. però
se chiamo un mirtillo "diversamente lampone" resta comunque un mirtillo, se è un mirtillo, perchè chiamarlo diversamente lampone? lo svuotamento del significato proprio dei termini mi fa impazzire, così come l'uso e l'abuso del termine persona. problema mio, deformazione professionale.
ognuno vive la sua sessualità come vuole (ci mancherebbe) ma davanti a certe affermazioni un sorrisino a me scappa sempre, perchè molto spesso (spesso, non sempre, non esiste certo una categoria "w" che si muove in maniera unitaria) c'è dietro la volontà di fuggire da un'etichetta percepita come screditante perchè, lo sappiamo tutte, le lesbiche sono grandi grosse e pelose.
quindi si creano altri termini che lasciano un po' il tempo che trovano, perchè a lesbica si attribuisce un valore negativo, mentre "amo la persona" è ancora figo perchè amo la persona non rimanda direttamente a camion. solo che lesbica, secondo me, non è uno status a cui ambire, una stelletta, una"condizione" migliore o peggiore di bisessuale o etero, è, citando Lingiardi:
"essere gay o lesbiche non è un merito, né un demerito. È una cosa che càpita".

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda la mia esperienza personale il problema vero è la quasi totale mancanza di visibilità che la comunità omosessuale, e in particolare quella femminile, ha in Italia. Mi spiego meglio. Quando avevo 16 anni e avevo capito che mi piacciono le ragazze perchè sono lesbica mi è crollato il mondo addosso, non perchè fossi lesbica (sono orgogliosa di essere omosessuale, oggi come lo ero 10 anni fa) ma perchè mi resi conto che appartenevo ad una categoria di persone che venivano perseguitate dalla società e che non avevano nessuna visibilità al di fuori della comunità omosessuale. Allora poi, più di adesso, nel mondo dello spettacolo (televisione e cinema) c'erano pochissimi appigli a cui aggrapparsi per poter avere un minimo di "confronto"; per questo non smetterò mai di ringraziare Joss Whedon per aver creato il personaggio di Willow in Buffy l'Ammazzavampiri, mi ha un pò aiutato nell'adolescenza. Per le ragazze come me che vengono da città di periferia non avere un punto di riferimento può essere molto dura.
Fortunatamente in questi 10 anni un pò di cose sono cambiate però per noi lesbiche è ancora difficile
perchè non ci sono punti di riferimento nella società e quindi ci aggrappiamo a qualsiasi appiglio possibile, persino a due, Veronica e Sarah, che lesbiche non sono.
Mi sono dilungata un pò troppo e spero di essermi riuscita a spiegare, l'argomento è molto interessante e molto vasto...
Kate&Katchoo

Barbara ha detto...

"c'è dietro la volontà di fuggire da un'etichetta percepita come screditante"

è proprio questo il punto. Ma dietro a quella parola, "screditante", c'è un mondo di differenze che vanno dalla tua felice esperienza a esperienze ben più violente, che costringono le persone a internalizzare non solo l'omofobia ma, cosa di cui non si parla mai abbastanza, la misoginia.

Poi possiamo pure farci saltare i nervi per lo svuotamento delle parole (io sono la prima, capirai) però le esperienze non sono tutte come la tua. Io posso pure incontrare un africano e pensare che è un cretino perché non capisce la logica di base, ma poi scopro che un numero spropositato di africani ha difficoltà logiche di base perché né il "sistema" scolastico né le esperienze di vita consentono loro di svilupparle.

Il primo mondo e il terzo mondo hanno problemi diversi. Poi puoi anche pensare, chi se frega del terzo mondo, adesso mi vado a comprare una rivista di alta moda. Ma il terzo mondo esiste.

E no, non esiste già un'etichetta per definire queste situazioni. Non si tratta di bisessualità. Si tratta di difficoltà nell'aprire una porta e far passare un ciclone che rischia di spazzare via tutta la tua vita, tutto quello che hai costruito e che ti è stato dato fino a quel momento. Se tu non ti sei mai trovata in questa situazione capisco che è difficile capire. Però forse hai visitato qualche paese / posto più incivile di Milano nella tua vita e magari puoi fare un parallelo. Anche se è una cosa noiosa e pesante...

Giorgia ha detto...

Barbara non penso che etwas si chiami fuori dalle cose noiose e pesanti preferendo riviste di alta moda ;)
credo che stia sfuggendo un attimo il punto del discorso: qui non si condanna il fatto che alcune donne/ragazze con esperienze meno lisce (che lisce non sono per nessuna, il coming out in famiglia è sempre un'incognita, le reazioni istintive non le puoi prevedere nemmeno se i tuoi fino al minuto prima sembravano hippie super friendly verso i figli gay altrui), trovino difficoltoso aprire la porta al ciclone. Quello che etwas diceva riferendosi al senso del documentario, è che c'è un problema di visibilità serio se delle persone come veronica e sarah, confuse e alle prese con un momento difficile della loro vita, in cui devono capire l'entità del ciclone e che non riescono a riconoscersi loro per prime in niente, diventino non tanto delle "simili" per le spettatrici nella loro stessa situazione, ma oggetto di idolatria con tanto di fans che girano l'Italia per seguire i loro spostamenti ufficiali, che organizzano convention e tutto il resto. E' questo il fenomeno che lascia perplesse, non certo il fatto che la fase "diversamente etero" esista e sia comune a tante! Io per prima ho attraversato il momento "mi innamoro della persona" e ora, a distanza di anni, sorrido e mi prendo in giro da sola parlandone con le mie amiche. Con lo stesso spirito sorridiamo nel sentir dire le stesse frasi ad altre ragazze, pensando a come andrà a finire!
Non so se sono riuscita a spiegarmi...

Anonimo ha detto...

Prima di tutto: non voleva essere una critica/attacco nei confronti di Etwas. Era solo una mia riflessione che ha suscitato una domanda. E dato non avevo capito il motivo della tua difficoltà te l'ho posta. Non volevo alzare un polverone. Forse non scrivo molto bene e i toni sembrano più duri di quelli che in realtà sono. Credimi =)
Comunque mi sa tanto che anche quello di cui abbiamo parlato sino ad ora è un problema reale.

Detto questo. Si Geco, ti sei spiegata e il problema di visibilità e di comunicazione c'è eccome. E purtroppo è anche abbastanza evidente.

Ora però mi sa che per continuare a parlarne devo guardarlo, se no rischio sono di incasinare tutto ;)

M.C.

Barbara ha detto...

Ma sì, penso che alla fine stiamo dicendo la stessa cosa... il problema è il ciclone, l'entità spaventosa del ciclone, non il fatto che si abbiano maggiori o minori difficoltà ad aprire la porta... è bene non dimenticarsene mai. E per affrontare il ciclone è bene non dividersi.

Come dicevo parlavo in generale. Ad esempio pensavo ad alcune delle reazioni di Arcilesbica Nazionale nel dibattito post-proiezione di Roma, in cui si tendeva a liquidare il fenomeno di D.E. come falso, costruito, insignificante, e le povere ragazzette per le quali questa cosa ha significato la loro vita come ingenue pischelle che non capiscono come va il mondo... e io lì che dicevo "capisco che politicamente sia un fenomeno disastroso, ma non puoi andare da queste e dirgli che non capiscono una sega"... è controproducente e mi ricorda gli storici conflitti tra le miriadi di associazioni, storicamente divise (almeno a Roma) da quel narcisismo delle piccole differenze che ha fatto tanti danni anche alla sinistra.

Va beh, ora sto veramente parlando di tutto di più, ma queste sono le cose che mi sono venute in mente guardando il doc... dopotutto la qualità delle opere d'arte si misura anche dall'ampiezza dei dibattiti che riescono a scatenare...

Giorgia ha detto...

sono assolutamente d'accordo sul fatto che sia controproducente liquidare il fenomeno come finto. Non nego di averlo pensato anch'io leggendo qualche intervista quà e là ai tempi, però pare che non sia così semplice (ps: io il documentario lo vedrò per la prima volta domenica all'arcilesbica...spero non volino sedie!)
M.C. non preoccuparti, ci siamo capite! ;)

Barbara ha detto...

Dai, facci sapere cosa dicono! Magari in queste settimane la loro posizione è un po' evoluta...

e poi come dice anche etwas, il problema vero è la totale invisibilità... che alimenta la forza del ciclone terribile di cui si ha tanto paura...

PS: io mi candido a rappresentante del terzo mondo! Non so perché mi ci vedo bene (?!?!)