Ragazze, dimenticatevi l'effetto poiana e i finali tragici (che pure continuano ad imperversare nei film, vedi Cracks). La nuova frontiera sono i telefilm e la loro ben più divertente via crucis, che sto per teorizzare sotto il nome di effetto salice (da Willow, nda), e riassumibile nel motto once you pop, you can't stop (come da titolo).
Il nostro personaggio parte da una situazione di eterosessualità, spesso avvalorata da qualche relazione passata, che viene scossa da un sentimento molto forte per una ragazza (n.b. sempre un innamoramento, qualcosa di sconvolgente, mai qualcosa di semplice e fisico), sentimento che, ovviamente, il nostro personaggio "non stava cercando" e che "è capitato". Segue un periodo più o meno lungo di dubbi, seghe mentali, "io non sono gay" ripetuto fino alla nausea, allontanamento dalla ragazza in questione e/o sesso occasionale. Ma si sfoccia necessariamente in una relazione, solitamente piuttosto duratura (gli sceneggiatori non hanno faticato tanto per far rompere la coppia dopo una settimana di sesso).
Fin qui tutto come al solito, ma, attenzione!, è proprio adesso che scatta l'effetto salice.
Indipendentemente dalla buona riuscita della relazione (gli sceneggiatori sanno fin troppo bene che le coppie felici non piacciono, e dopo un congruo lasso di tempo quelle lesbiche non fanno eccezione), il nostro (ormai affezionato) personaggio si guarda bene dal tornare nell'accogliente mondo degli etero, si chiama gay e da allora in poi dimostrerà interesse e/o attrazione solo verso il proprio sesso.
Qualche puntualizzazione, prima di andare avanti: le relazioni precedenti (etero) del personaggio non erano fallimentari e tristi, di quelle cui si guarda col senno di poi pensando "beh, ce lo dovevamo aspettare". No no, erano tutti rapporti piuttosto felici e di cui nessuno avrebbe mai dubitato.
Quindi il dubbio è: se il sentimento era qualcosa di così inaspettato ed univoco, come ce lo dipingono, perché venuta meno la relazione con quella determinata persona il nostro personaggio non riprende semplicemente la sua vita? O anche ammettendo che una volta apertasi una finestra sia difficile richiuderla, perché non farlo diventare bisessuale (ben più credibile, almeno per un po') e chiudere invece totalmente con il passato?
Le risposte che mi vengono in mente sono due: o il sesso/le relazioni gay sono così sconvolgenti che, una volta provate, non si può più prescindere; o gli sceneggiatori e gli autori mancano un po' di coraggio e per presentarci un personaggio gay hanno bisogno di
1. farci affezionare al personaggio
2. farlo passare attraverso una crisi di accettazione in cui il pubblico si possa rispecchiare, evitando il rigetto
nel qual caso i vari "ma io non sono gay" e "provo questo solo per te, sei così speciale" sono bollocks, come piace chiamarle ai miei amici di Skins.
Contestualizziamo, va, che altrimenti sembro un'invasata:
(in ordine cronologico)
1. Willow (Buffy, the vampire slayer), Tara e Kennedy
2. Silvia (Los ombres de Paco) e Pepa (non ci sarà un'altra donna per Silvia, ma a relazione conclusa dichiara direttamente che non vuole più un uomo perché con una donna es mejor)
3.Callie (Grey's Anatomy), Erica, ragazzina fuori di testa e, infine, Arizona
4. Naomi (Skins), Emily e Sophia
Nota I: Ovviamente non tutti i telefilm che hanno storyline gay rispondono all'effetto salice, così come non tutti i film a tema gay non cadono (fortunatamente) nell'effetto poiana.
Nota II: E la foto che c'entra? Nulla, in realtà, ma il titolo con tutti quei pop mi fa pensare a She bop, di Cindy Lauper, e visto che è così carina e così anni '80, perché no?
Mi sembra abbastanza per oggi. Per me è ora di farmi il cestino del pranzo e andare a lavoro.