martedì 8 febbraio 2011

Sul significato delle parole


Perdonatemi, sarò noiosa.
Poiché questa mattina Repubblica.it mi annoiava, ho fatto una cosa che non facevo da un po': ho aperto queerblog per leggerlo durante la colazione. C'è da dire che se non lo leggevo da un po', un motivo c'è (queerblog, un tempo eri un bel blog, ora sei solo una selva di foto di uomoni mezzi nudi e ammiccanti, blea), ma questo articolo proprio non me l'aspettavo.
Per farla breve (benché l'articolo sia breve di suo, magari non vi va di cambiare pagina), si riportano i sinonimi e i contrari di gay dati da un non ben identificato dizionario online.
E poiché tra i contrari figura normale: pioggia di moralismi.
Ora, dovete sapere che io studio linguistica, e che (non succederà mai ma) mi piacerebbe fare la lessicografa da grande (si, è una professione). Dovete sapere inoltre che se sono sveglia a quest'ora ingrata del mattino è perché sto cercando di finire la mia tesi a calci. Tesi di linguistica, ovviamente, che comporta una buona dose di ore passate col naso fra le pagine del GRADIT (non un qualche dizionario online, queerblog, ne avete mai sentito parlare?).
Ad ogni modo, mi è saltata la mosca al naso.
Punto primo, perché dovrebbero sapere tutti che i dizionari non sono normativi ma descrittivi.
Punto secondo, perché per avere un minimo di serietà bisogna servirsi di strumenti attendibili, e non di quello che si trova online, che può anche essere un dizionario vero e proprio, ma magari datato e, per questo, limitato.
Punto terzo, perché mi fa piuttosto ridere l'indignazione nei commenti perché, fra i sinonimi, culattone è scritto con una sola t.
Punto quarto, perché di questi moralismi sono già lastricate le chiese, io ne farei anche a meno.
Frocio, camionista, checca, leccapassere, finocchio, invertiti. Bisogna usarli tutti, perché non facciano più male. Indignarsi serve a ben poco.

E, visto che ci sono, vi beccate anche una precisazione:
gay: agg. e s. m. e f. invar. omosessuale | locale, spettacolo gay, per omosessuali.
Il lemma è preso dal Garzanti (non sono ancora così ricca da permettermi di avere il GRADIT a casa, purtroppo) ma, avendolo cercato lì qualche giorno fa, so dirvi che c'è ben poca differenza.
Quello su cui volevo mettere l'accento è: s. m. e f. invar., ovvero: sostantivo maschile e femminile invariato.
Ora, io so che spesso lo spirito che spinge le persone a parlare di "gay e lesbiche", "il mondo gay e quello lesbico" etc. è spesso la preoccupazione di inserire nel discorso anche le donne gay, di non farle sentire escluse, marginali, ma vi devo dire che da donna gay sentirvi aggiungere, magari con qualche secondo di ritardo e lo sguardo colpevole, quel "lesbiche" finale non ottiene l'effetto sperato. Segna, anzi, un distacco, e dimostra come il discorso fosse improntato sull'immagine dell'omosessualità maschile, fino al momento di quell'aggiunta veloce. Il termine è comprensivo, generico, lasciamolo pure così.


Errata corrige punto Repubblica.it, che ci propone il video di uno scoiattolo che si lava e quello dello spot per Se non ora quando? con Isabella Ragonese.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Una "sorella" che studia linguistica :)))
Giustamente... :)
Bell'articolo.
Ath.Hellè (L)

Silvia ha detto...

Grazie, non solo sola quindi :)

Anonimo ha detto...

Bel post, brava!

Coraggio e buon lavoro. :)
Roberta D.

Elektra ha detto...

Ho avuto un sussulto, non sentivo parlare del GRADIT dall'ultima volta che lo nominò il mio prof di lettere al liceo.

Queerblog annoia pure a me da un bel po', peccato.

Parole_alate ha detto...

Concordo perfettamente che cercare una parola su un dizionario online e poi lamentarsi della sua serietà sia ridicolo in sé, quindi da questo punto di vista la discussione perde già di senso. Però, in ambito linguistico... mah, mi aspetto che un dizionario indichi anche il registro linguistico di una parola. Se nei sininimi di prostituta trovo "troia", mi aspetto che ci sia un (volg.) o un (fam.) prima.
E hai anche ragione a dire che l'indignazione non serve a niente e che dovremmo riappropriarci di alcune parole, ma non possiamo chiedere al dizionario di farlo, proprio per la sua non prescrittività... cioè, nel caso specifico, a prescindere da qualsiasi sentimento di sdegno, non è una inesattezza?

Giorgia ha detto...

applausi soprattutto per la parte finale...stampo il post e lo porto al laboratorio di gay statale....

Silvia ha detto...

@ Elektra: Eheh, il GRADIT è un po' come la bibbia, peccato che, come tutti i dizionari, non sia infallibile a livello temporale, altrimenti avrei messo da parte la mia paghetta da un po' pur di averlo :)

@ Parole_alate: Temo di non essere stata chiara. A riappropriarci delle parole dobbiamo essere no come comunità ma ancora prima come persone gay, così da modificarne il significato d'uso. Non è, questo, un compito per i dizionari :)
Per quanto riguarda l'indicazione di registro, hai pienamente ragione, ma si ritorna al discorso iniziale, ovvero all'attendibilità degli strumenti. Il Garzanti, infatti, nel mettere "diverso" come sinonimo indica (eufem.), ma non ci si può aspettare lo stesso da un dizionario ospitato su altavista che recita: N.B.: Tutte le informazioni sono fornite su base "as is", senza alcuna garanzia riguardo alla loro esattezza.

PosterGirl ha detto...

"yet i am in love with words". Leggendo questo post mi è venuta in mente una poesia di anne sexton che reputo tra le sue più belle. ...vorrei quelli di queerblog la conoscessero!
Detto questo, concordo su tutto. Anche sul GRADIT. Magnifico post.

Mary ha detto...

La lessicografa dev'essere un lavoro magnifico. (no, non è ironico, sul serio!) Ti stimo.

Bellissimo post, sono d'accordo soprattutto su quanto sia brutto quel "gay e". E' una cosa che sostengo da sempre, ma vedo che tutti pensano subito e solo agli uomini, quando si usa. E se si parla in compagnia, mi prendono pure per deficiente: "Gay? tu non sei gay, sei lesbica!"
"Eh, appunto..."

;)