lunedì 25 luglio 2011

Die young, stay pretty



Foto presa qui.
Il titolo del post, ovviamente ed estremamente amaro, è il titolo di una canzone di Blondie, gruppo che Gia amava particolarmente.

Mesi fa ho visto il film su Gia e non sono più riuscita a togliermela dalla testa (ve l'avevo detto). Dopo aver cercato su internet, e guardato mille volte, le sue foto, dopo aver letto tutto quello che il web sapeva dirmi, dopo aver scavato lo scavabile gratis (e aver anche rischiato di offendere qualcuno chiedendo speranzosa se avesse copie di Vogue degli anni '77-'83), sono passata al lato oscuro della forza e ho addirittura speso i miei soldini per farmi spedire dall'inghilterra una copia di A thing of beauty - The tragedy of supermodel Gia, la splendida biografia scritta da Stephen Fried.
E finalmente mi sono quietata.
Il fatto è, e forse ce lo si poteva aspettare, che a vedere soltanto il film non si sa niente, ed io non riuscivo a quietarmi perché non riuscivo a capire (per quanto si possa capire qualcuno morto due giorni dopo la tua nascita).
Il libro di Stephen Fried riempie molti buchi, da senso a quello che nel film (e nei racconti superficiali) viene raccontato senza i perché, e non lesina in aneddoti e citazioni, oltre a fare ad accurato resoconto del mondo dei beautiful people e dell'alta moda newyorkese dei tardi anni settanta. Si ha davvero l'impressione (che pure è solo impressione) di arrivare a capire qualcosa, qualcuno come Gia, il mondo e il modo in cui viveva. E forse, a storia completa, riuscirò anche a togliermela dalla testa.
Spero davvero che leggiate l'inglese, perché è un libro che merita di essere letto e che ovviamente non è stata tradotto.
Io andrò a mettere moneta dopo moneta nel salvadanaio in attesa di comprarmi, fra molti e molti anni, la stampa di una foto di Chris von Wangenheim.


Foto presa qui.

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